By Kristijan Knez
Gli italiani di queste terre hanno diritti, dispongono di sedi più o meno prestigiose, possono sviluppare i loro interessi artistici, musicali, letterari e aggregativi. I sodalizi valorizzano l’identità, la lingua e la cultura in senso lato. Siccome noi siamo il risultato dei processi storici, la conoscenza del passato è centrale, specie se questo è stato stravolto, celato, mistificato e scippato. Studiare, ragionare sui tempi andati e sulle dinamiche dei vari problemi e fenomeni nonché impegnarsi in una divulgazione di qualità è imprescindibile per comprendere da dove arriviamo e, perché no, per trovare dei punti di riferimento. Possiamo farlo? Certo e dobbiamo recuperare le tante pagine strappate o accantonate, perché non gradite da qualcuno. Poi un certo ordinamento politico e sociale è venuto meno e iniziò a soffiare la brezza della democrazia. Ma un determinato modo di agire e ragionare, per nulla democratico, e l’uso del bavaglio sembrano non essere eclissati. Un episodio singolare quanto grottesco è emerso dopo che nella rete è stato pubblicato l’invito a una manifestazione promossa dalla Comunità degli Italiani “Giuseppe Tartini” di Pirano, coinvolgendo l’ammiraglio Romano Sauro, nipote di Nazario, patriota, tenente di vascello e medaglia d’oro al valore militare alla memoria. Per la sua scelta di campo, dettata da un forte ideale nazionale e unitario, aveva varcato il vecchio confine tra l’Austria-Ungheria e l’Italia e allo scoppio delle ostilità tra le due parti non più alleate, nel 1915, si mise al servizio della Regia Marina Militare. Compì sessantadue imprese belliche, quella in cui doveva condurlo nel porto di Fiume a silurare alcuni piroscafi fu fatale. Il sommergibile “Giacinto Pullino”, al comando del capitano di corvetta Ubaldo Degli Uberti, s’incagliò alla Galiola (30 luglio 1916). Nel Quarnero Sauro fu catturato da unità imperiali e regie e condotto a Pola. Fu processato e il 10 agosto fu condannato alla forca. Fu giustiziato per alto tradimento, per altri fu un eroe e un martire. Dipende dalla prospettiva con la quale si guardano le cose.
Ma veniamo alla polemica. La baraonda è nata, ancora una volta, su Facebook, mezzo straordinario per la diffusione delle notizie ma anche luogo – come disse Umberto Eco – che ha dato il diritto di parola a ogni imbecille, che può dire la sua su tutto, anche senza alcuna competenza. Così è successo con un certo tizio di Capodistria, che si è scagliato sul Museo del Mare di Pirano e sul suo direttore, Franco Juri, solo per avere condiviso l’invito sulla pagina istituzionale. In quella circostanza ha affastellato dati e considerazioni privi di alcun filo rosso, sostenendo che Nazario Sauro fosse stato un “fascista”. Chi ha un briciolo di buon senso e conosce la storia anche solo a grandi linee, dovrebbe sapere che Mussolini fondò nel marzo 1919 i Fasci di combattimento, mentre quando Sauro spirò il futuro Duce era un socialista rivoluzionario. Evidentemente sono “dettagli” poco importanti e per taluni il fascismo può spiegare tutto, diventa il metro per interpretare l’intero passato istriano, dai dinosauri in qua.
Il forte delle argomentazioni riguardano poi Italo Sauro, uno dei figli dell’irredentista, esponente fascista e consulente del regime per la questione slava al confine orientale d’Italia. La sua condotta è stata studiata e documentata, non può essere giustificata, però ci chiediamo cosa c’entri con il padre morto un ventennio prima. Il signore, inoltre, con arroganza, malafede e ignoranza, ha continuato la sua “battaglia”, inoltrando al Comune di Pirano e alla locale stazione di polizia una richiesta per vietare l’evento! È assurdo, ma evidentemente dobbiamo abituarci al peggio del peggio, che può emergere come un fiume carsico.
La Comunità degli Italiani ha “osato” proporre una discussione su quel passato che si vorrebbe, ancora, dissolvere nell’acido. Risorgimento, processo unitario, irredentismo, ma anche fascismo – se non si segue la vulgata –, per non parlare del secondo dopoguerra, che ha portato alla quasi estinzione della popolazione italiana, rimangono argomenti tabù non appena si esce dagli ambienti storiografici e taluni ancora mal sopportano le iniziative che promuovono la discussione senza enfatizzare alcunché; si preferisce l’ignoranza e veicolare i dogmi. Ciò che preoccupa sono tali “mobilitazioni” (spontanee o orchestrate da qualche centrale?), espressione degli epigoni di un regime finito, che la storia ha condannato. Si tratta di una minoranza roboante, intrisa di nazionalismo, che non gradisce tutto ciò che ha sapore italiano.
Facebook è diventato la cornice in cui rabbia, frustrazione e intolleranza palesano la vera natura di questo manipolo anacronistico. Tutto questo chiasso per raggiungere che cosa? Di Sauro e del libro dell’ammiraglio si è parlato nel 2014, nei pressi della sua casa natale a Bossedraga, e nel novembre 2016 è stata promossa una tavola rotonda con lo scopo precipuo di demitizzare il capodistriano, esaltato dal regime del littorio. Entrambi gli appuntamenti erano pubblici e hanno rappresentato dei momenti d’approfondimento seri; non erano certo apologia di bassa lega. Nessuno ha gridato allo scandalo perché la notizia non era finita su Facebook.
Oggi i “difensori” della slovenità mostrano gli artigli e tentano goffamente di imbavagliarci. Per nostra fortuna i tempi grigi sono tramontati e viviamo in un Paese democratico. Il signore in questione pensa di raggiungere qualcosa falsificando la storia, sostenendo che a causa delle “idee razziste e fasciste”! di Nazario Sauro la manifestazione non si doveva fare, aggiungendo che le storie degli irredentisti ossia dei fascisti non possono trovare ospitalità nelle istituzioni della Repubblica di Slovenia né pubbliche né private.
Con una gran faccia tosta afferma il non vero, e se qualcuno lo accusasse per diffamazione? Si metta il cuore in pace, la storia la conosciamo e non ci spaventa. Gli italiani abbarbicati a queste terre hanno scritto la loro storia, saremo liberi di trattarla, studiarla e diffonderla? O dovremo chiedere il permesso ai gendarmi della memoria? E sappiamo quale memoria tramandano! Per quanti amarono l’Italia, tanto da immolare la propria vita, evidentemente non c’è spazio. Questa è la storia, piaccia o meno, ma in sede storiografica i giudizi personali contano ben poco. Veritas vos liberat